CALICI, VIGNETI E CANTINE…TUTTO SI APRE ALL’ENOTURISTA

di Stefania Raspa

“La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un oggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati.” [Vino al Vino, Mario Soldati]

La degustazione di un vino non è un’azione fine a sé stessa

Se lo fosse spoglierebbe il vino della sua essenza, del suo essere imprescindibile dal luogo che lo ha generato. Il legame e le sensazioni che si stabiliscono quando quel vino lo si degusta nel suo paesaggio, nella cantina o nei vigneti dove è stato messo a dimora, ascoltando il suo racconto 

Quale stagione migliore per aprire le cantine ed aprirsi ad un’esperienza immersiva fatta di territori, cultura, tradizioni?

Con l’iniziativa “Cantine Aperte” del 27 e 28 maggio il Movimento del Turismo del Vino quest’anno compie 30 anni e non ha mai perso di vista i valori costituivi: l’amore per la terra, la passione per il vino, il piacere dell’ospitalità, il desiderio di emozionare.

A un anno circa dal via libera post pandemia, la voglia di partire e quella di accogliere ha subìto un’accelerazione, sia nella domanda che nell’offerta, la prima orientata a un’esperienza totale, variegata e coinvolgente, in cui l’enoturista è spinto non solo dalla passione per il vino ma anche dalla ricerca di relax, benessere, natura, cultura, divertimento e con uno sguardo attento all’ambiente e alla sostenibilità. 

Da parte loro anche le cantine hanno adeguato l’offerta alle esigenze dell’enoturista del terzo millennio, che veste i panni di un semplice curioso, wine lover, appassionato o si presenta da esperto del settore e professionista.

L’Italia gode di una condizione favorevole poiché, tra i molteplici territori particolarmente vocati sotto il profilo enologico, ci sono delle perle il cui valore culturale è stato riconosciuto dall’UNESCO che ha insignito del prestigioso riconoscimento di patrimoni dell’umanità “I Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” e le “Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene”. L’intero stivale è un museo a cielo aperto e la varietà dei vigneti incastonati in paesaggi unici costituiscono un patrimonio che esercita una grande attrattiva per i turisti italiani e stranieri, in cerca di quell’appeal identitario che rende unica l’esperienza.

Il binomio turismo-vino viaggia su unico binario

rincorrendosi e a volte anticipandosi l’un l’altro, ma alla fine si incontrano per trainare il brand e valorizzare il territorio.

La nuova generazione della viticoltura italiana è pronta a puntare tutto sull’accoglienza, con l’obiettivo di diversificare l’offerta turistica trasformandola in wine experience, come una grande cornice che racchiude le storie del territorio, della cantina, del vino per trasferire le emozioni al consumatore finale.

 L’enoturista post-pandemia è proprio alla ricerca di esperienze coinvolgenti e trasversali che lo portino a vivere e sperimentare la cantina in modo nuovo. Puntare sulla sorpresa, non necessariamente stravagante, sui dettagli, l’importante che le idee siano autentiche, originali e che sorprendano l’enoturista perché “il vino è emozione liquida e l’enoturista cerca l’emozione”. (cit. Romina Togn, titolare e responsabile commerciale di Gaierhof e Maso Poli).

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